Tecnologia indossabile: futuro o illusione

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Negli ultimi giorni si è acceso nuovamente il dibattito sulla cosiddetta “wearable technology”, ovvero la tecnologia indossabile. Con quest’espressione si definiscono tutti quei dispositivi elettronici che sono usati come gadget e portati sempre con sé. I Google Glass e gli Apple Watch sono gli esempi più eclatanti, ma il panorama è molto più vasto: Samsung e Sony ad esempio hanno già diversi dispositivi sul mercato, e anche compagnie dalle dimensioni più ridotte stanno cominciando a rilasciare prodotti che offrono magari non una resa migliore, ma di sicuro prezzi più bassi.

Sergey Brin con indosso i Google Glass

Sergey Brin con indosso i Google Glass

QUALE FUTURO PER LA TECNOLOGIA INDOSSABILE?

Il dibattito a cui abbiamo accennato all’inizio è molto semplice: riuscirà la tecnologia indossabile a diventare un accessorio fondamentale nelle nostre vite? Siamo all’alba di una nuova era oppure – come successe ad esempio con i poveri lettori minidisc di Sony – dopo tante aspettative ci troveremo tra le mani un prodotto poco utile e molto costoso?

Quando una nuova tecnologia viene lanciata, solitamente c’è un boom di aspettative. Come il cosiddetto Hype Cycle spiega benissimo, appena si sparge la voce del nuovo ritrovato tecnologico, ogni piccolo rumour a riguardo scatena una cascata di commenti e pubblicità. Tutti ne parlano, tutti vogliono sapere di cosa si tratta, quando uscirà, quanto costerà. Una volta raggiunto il picco delle cosiddette aspettative inflazionate, si assiste a ciò che viene definito il precipizio della disillusione: la bolla speculativa esplode, e meno investitori sono disposti a mettere soldi per finanziarne lo sviluppo. Segue un momento in cui i risultati migliorano, si trovano nuovi utilizzi per la nuova tecnologia, più funzionali di quelli per cui era stata inizialmente pubblicizzata. Si raggiunge infine una zona a metà strada tra l’euforia e la disillusione: il prodotto ha finalmente trovato quello che può essere il suo utilizzo più efficace, ed è pronto per entrare nel mercato di massa.

Ma cosa ne pensano i guru del settore? Bridget Carey, senior editor di CNET.com, ha detto:

Bridget Carey, senior editor di CNET.com

Bridget Carey, senior editor di CNET.com

I bracciali da fitness tengono traccia dei nostri passi, gli smartwatch vibrano quando ci perdiamo un tweet, e le telecamere portabili registrano qualunque movimento facciamo. Eppure tutti questi oggetti non sono legati tra di loro.

Benvenuti negli imbarazzanti anni da teeneger dei dispositivi indossabili. Mentre le aziende fanno a gara a realizzare i nostri sogni da fantascienza, noi rimaniamo con decine di dispositivi che registrano dati e ci bombardano con avvisi. Ma nulla cuce insieme tutto questo così da offrirci qualcosa che dia davvero un valore aggiunto: finora è solo più rumore.

Per rendere la tecnologia indossabile veramente accattivante, non abbiamo bisogno di più dati. Abbiamo bisogno di un’interpretazione più intelligente dei dati, ricavati da diversi dispositivi o app.

I Google Glass e gli Apple Watch fanno sicuramente più scalpore, ma sono i dispositivi indossabili che hanno a che fare con la salute che sembrano davvero sul binario giusto.

Il grande dubbio resta quindi se questi nuovi gadget saranno in grado di offrire davvero un valore in più alle nostre vite o no. Come ha detto Bridget Carey, non abbiamo bisogno di un numero elevato di dispositivi da indossare tutti i giorni. Paradossalmente, finiremmo per essere inibiti a muoverci più liberamente dagli stessi dispositivi pensati per aiutarci a fare il contrario.

Nonostante alcuni di questi gadget siano in grado di apportare un grande aiuto (pensiamo ad esempio ai Google Glass 2, che verranno utilizzati negli ospedali), la vera chiave di volta per tutte le aziende interessate a questo tipo di tecnologia sarà trovare il connubio perfetto tra portabilità e usabilità. Sempre con un occhio al prezzo.

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Managing editor ed Editor-in-Chief del sito. Ha una laurea in Lingue e istituzioni economiche e giuridiche dell'Asia Orientale (Università Ca Foscari) e un Master in International Publishing (London City University). Vive a Londra, dove lavora come SEO copywriter e data analyst.

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