Simone Sio Albrigi è una delle figure più poliedriche nel panorama fumettistico italiano. Potete chiamarlo YouTuber, blogger, fumettista, chitarrista, disegnatore, autore e ancora non sareste vicini a cogliere la complessità del personaggio.
In vista dell’imminente uscita della sua prima rivista, Scottecs Megazine, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con lui, per sapere i suoi pensieri sul futuro dei fumetti e come si sopravvive online. Oggi riportiamo la prima parte dell’intervista, incentrata soprattutto su cosa Sio si aspetti dal settore editoriale oggi e nei prossimi anni.

La copertina del primo numero di Scottecs Megazine, prima rivista di Sio
1. Il 5 febbraio inizierà la tua avventura in edicola con Scottecs Megazine. Come ti senti?
Eccitato, soddisfatto, ansioso e curioso. Eccitato perché è la prima volta che distribuiamo un mio fumetto in maniera così capillare, e perché sono così fortunato da avere la possibilità di fare ciò che più mi piace: sperimentare con maniere diverse di far ridere.
Soddisfatto perché questo è un piccolo traguardo. Se avessi la possibilità di parlare con Sio di dieci o vent’anni fa e dirgli: “Avrai un fumetto tutto tuo in edicola”, lui impazzirebbe dalla gioia. E pure Sio del presente.
Ansioso perché questo aumenta le aspettative nei miei confronti (mie e dei lettori), per le quali dovrò continuare a sfornare fumetti sempre di una qualità costante o crescente. Ma mi piacciono le sfide, e senza non riesco a lavorare.
E curioso di vedere cosa mi inventerò per i prossimi numeri, mi diverto tantissimo a comporre Scottecs Megazine.
2. Il 2014 è stato un anno straordinario per te. Allo scorso Lucca Comics il tuo Questo è un libro con i fumetti di SIO ha venduto più di tutti gli albi di Zerocalcare messi insieme. Cominci a sentire la pressione o le aspettative ti esaltano?
Boh. Intanto va detto che il grande Zerocalcare vende un sacco tutti i mesi dell’anno, e anche in libreria, non solo a Lucca o alle fiere, ma indubbiamente sono contento del mio risultato. Detto questo, io cerco di non pensare al “successo”, starà al mio editore contare i numeri ed essere contento o meno, per quanto riguarda me finché le cose buffe che faccio mi pagano le bollette dell’internet e del cibo mi sta bene. Non sento né pressione né particolare esaltazione perché cerco di distaccarmi da quello che mi succede per non montarmi la testa.
Mi piace non pensarci, e mi piacerebbe che anche le persone che seguono quello che faccio mi reputassero una persona normale. Solo, con un lavoro buffo.
3. Da un punto di vista fumettistico, l’Italia è uno dei Paesi più maturi a livello europeo, al pari di Regno Unito, Francia, Belgio. Perché gli italiani sono così interessati a questa forma d’arte?
Ci sono sicuramente una miriade di fattori. Ne posso azzardare uno: Topolino. A parte magari il Giappone che è un caso a parte, non mi vengono in mente testate così fortemente legate alla storia di un altro paese, e che escano con questa regolarità da decenni. Sicuramente Topolino è stato un preziosissimo ponte verso la lettura di tutti i fumetti e anche per la lettura in generale per moltissime persone in questo paese.
4. Quel brutto affare con Il Corriere della Sera ha sottolineato ancora una volta come i fumettisti possano essere in balia dei grandi editori. Pensi che l’attuale sistema di copyright sia sufficiente a salvaguardare la vostra proprietà intellettuale?
Sì. Se viene rispettato.

Sio è molto più ottimista sul futuro dell’editoria di quanto non sembri in questa foto…
5. Cosa ne pensi del self-publishing?
È un ottimo strumento, ma troppa gente lo tratta come la panacea verso tutti i mali dell’editoria tradizionale. Non tutti gli editori vogliono il male degli autori, anzi. Ci sono ottime ragioni per cui entrambi i modelli di editoria possano sopravvivere, e sicuramente entrambi hanno vantaggi e svantaggi. Uno lascia totale libertà all’autore ma quello deve farsi carico di promozione e logistica. L’altro toglie un po’ di libertà ma ti mette in mano una macchina promozionale e di distribuzione più potente. Entrambi sono validi, e penso che la libertà di scegliere tra i due approcci sia una buona cosa.
Certo, a volte il self-publishing porta alla vendita di prodotti terribili, ma nessuno obbliga nessuno a scaricarli o comprarli, nemmeno gratis. Tra l’altro, io stesso ho pubblicato in passato un libro per conto mio (unCOMMON:Stories), presto però lo ristamperò con Shockdom.
6. Negli ultimi anni hanno preso piede all’estero alcune piattaforme (come Kindle Unlimited, Scribd, o Oyster) che offrono un all-you-can-eat editoriale, ovvero servizi in abbonamento per leggere migliaia di libri. Nel settore dei fumetti l’esempio migliore è quello della Marvel, con il suo Marvel Unlimited. Pensi che questo genere di offerte possa avere un successo duraturo o sono solo un fenomeno passeggero?
Sicuramente non sono un fenomeno di passaggio, ma ci sono dei grossi problemi con la remunerazione di autori che fanno piccoli o piccolissimi numeri. Mentre il modello tradizionale garantisce un minimo di guadagno, questi servizi à la Spotify precludono l’accesso a qualsiasi cifra ragionevole ai piccoli-medi autori, solitamente. A livello del consumatore di contenuti (che brutta parola, diciamo il lettore) è sicuramente una cosa bellissima, ma ci sarà da risolvere questa problematica economico-morale prima che si affermino solidamente a fianco degli altri modelli.
7. E’ il 2025. Ti svegli e vuoi leggere un fumetto. Cosa ti immagini?
Guardo il mio comodino: due Topolino di sei mesi prima (nel 2025 sono ancora abbonato, ma ho ancora problemi con il backlog: leggo i Topolino in ordine ma in ritardo), il numero due di Ratman grossissimo (la riririristampa in formato A3 dopo che Leo si è ritirato nel 2024), Saga 18 (sta ancora uscendo ed è bellissimo), A Come Ignoranza 67 (guardo il cellulare e c’è un messaggio di Daw che mi dice che è in ritardo con la consegna del 68 e non ce la farà mai, nel frattempo il suo fumetto è in cima alle vendite dal 2018), Senzatitolo (l’ultima graphic novel collaborativa di Gipi, Zerocalcare e Bevilacqua), Je Suis Charlie del Corriere (ventesima ristampa), tre-quattro manga e un Dylan Dog in cui Dylan diventa una patata e Groucho se lo mangia. Alla fine mi leggo Topolino perché mi sento in colpa di averne venti ancora non letti.