Pochi giorni fa è apparso sul famoso Variety un articolo dal titolo “Should Lena Dunham and other self-publishing stars be feared?“, ovvero “Lena Dunham e le altre star che si auto-pubblicano andrebbero temute?”.
LENA DUNHAM E IL TAGLIO DEL MIDDLE-MAN
Molti pensano che il self-publishing sia qualcosa per chi non ha gli agganci giusti oppure manca semplicemente di talento. Per carità, a volte questo è uno scenario possibile. Ma il fatto che il self-publishing stia continuando ad avere successo dimostra che sempre più persone di talento sono attratte da questo sistema che permette loro di tagliare fuori il cosiddetto middle-man, ovvero l’intermediario che in questo caso è rappresentato dalla casa editrice. Non ci stupiamo quando sentiamo che tra gli autori che si auto-pubblicano ci sono impiegati, casalinghe, professionisti che magari già lavorano nell’editoria. Fa più notizia invece quando ad affidarsi al self-publishing è un personaggio pubblico di fama mondiale.
Prendiamo Lena Dunham, che molti di voi la conosceranno come il volto di Girls, serie televisiva americana nata nel 2012 di cui è anche autrice. La Dunham tra le altre cose gestisce Lenny, un sito internet incentrato sui valori del femminismo. Nelle scorse settimane è anche nata una newsletter, chiamata Lenny Letter, che ha fatto davvero molto parlare di se. “Ma come – vi starete chiedendo – una newsletter? Nel 2015?”. È vero che la cosa potrebbe sembrarvi un po’ retro, ma i contenuti sono di tutt’altra pasta. Vi basti pensare che il primo numero della newsletter conteneva un’intervista lunga piU di 7000 parole alla candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton, più un esplosivo saggio scritto dalla stupenda Jennifer Lawrence sulle discriminazioni sessuali a Hollywood. Trovatemi una newsletter che sia partita con più carne al fuoco di così e mi mangio il cappello!
SELF-PUBLISHING, CELEBRITY, STAR SYSTEM
Come Variety fa notare, anche se la newsletter di Lena Dunham non farà tremare colossi come il New York Times, questo nuovo genere di prodotti cambia profondamente il rapporto tra celebrities e star system. L’eco-sistema che è durato decenni infatti era fondato sul fatto che la stampa (in senso lato) era l’unico medium attraverso il quale i vip avrebbero potuto trovare risalto. Sei bravo e bello? Allora quasi quasi ti intervisto o pubblico le tue foto sul mio giornale. Ai giornali andavano i soldi, ai vip la pubblicità.
Ora invece questo sistema è cambiato per sempre. Quale vip ha bisogno di una testata giornalistica quando un tweet o un post su Instagram possono valere più di un’intervista lunga dieci pagine? Come anzi stiamo scoprendo giorno dopo giorno, molte delle nuove star sono nate prima sui social media, e soltanto in un secondo momento sono arrivate sulla stampa. A quel punto tutta la pubblicità che risulta da un’intervista o da un servizio non fa altro che aumentare il valore del brand del personaggio in questione, che però sa che il proprio modo per esprimersi unfiltered, senza filtri, lo troverà sempre e solo sui propri social media.
IN CONCLUSIONE
L’articolo di Variety mette in luce un fatto: il self-publishing è un mezzo molto potente.
Quello della Dunham è un esperimento che potrebbe però anche rappresentare un potenziale scenario per i media del futuro e il nostro rapporto con essi. Questo tipo di self-publishing infatti dimostra che la stampa imposta dall’alto non è più un modello sostenibile, perché ci sono personaggi che possono benissimo assumere il ruolo di capi-popolo. “E pensare che anche noi giornalisti abbiamo contribuito al successo della Dunham, e ora lei ci ripaga distruggendoci”, prosegue malignamente l’articolo.
Ora che la Dunham ha aperto il vaso di Pandora, la vera domanda è: chi sarà il prossimo?