Uno dei motivi per cui Amazon ha spesso subito critiche è la sua politica aziendale in fatto di tasse. Questo perché per anni Amazon ha pagato le tasse al governo di Lussemburgo, dove il colosso dell’e-commerce ha la propria sede europea.
AMAZON E L’ACCORDO FISCALE ILLEGALE
Il motivo è presto detto e facilmente immaginabile: in quel Paese si possono pagare tasse più basse rispetto agli altri stati Europei, consentendo così di mantenere una fetta più alta dei guadagni derivati dalle vendite.
Più volte la Commissione Europea si era espressa sulla questione, ammonendo Amazon per quello che è stato definito un accordo fiscale illegale con Lussemburgo. Dopo mesi di pressioni dunque, Amazon avrebbe finalmente iniziato a pagare le tasse anche in alcuni degli altri Paesi europei in cui opera, come Regno Unito, Italia, Spagna e Germania.
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UN PROBLEMA DIFFUSO
È pur vero che ultimamente il cappio intorno al collo dei giganti tecnologici si è stretto in maniera sempre più insistente. Da Apple a Google, da Facebook ad Amazon appunto, tutte queste compagnie tech che puntano forte sul marketing e nel presentare un’immagine di sé molto user friendly hanno infatti da sempre mostrato la pecca di pagare tasse agevolate in Paesi in cui ciò era consentito.
Nel Regno Unito tuttavia le cose stanno cambiando in maniera decisa, basti pensare a come la “Google Tax” varata recentemente imponga a tutte le compagnie che pagano tasse all’estero un’imposta del 25% sui profitti domestici.
Che anche tutte le altre aziende nell’occhio del ciclone scelgano di seguire la strada di Jeff Bezos? Probabile, anche perché l’idea che “non si paghino le tasse” è sicuramente una cattiva pubblicità, indipendentemente da quanto trendy siano i propri prodotti.