Alla scoperta di Andrzej Zamoyski, i Futuretro Studios, e Hungry Oni
Andrzej Zamoyski è il creatore di Hungry Oni.
Ciao Andrzej, presentati ai lettori di Gamobu.eu.
Ciao! Sono un ragazzo inglese con un pazzo nome polacco. Ho lasciato l’università a 22 anni per lavorare ai Lionhead Studios, all’epoca ancora indipendenti. Lì ho passato 8 anni come game e level designer, facendo giochi per PC e Xbox come il gioco di ruolo Fable.
Nel 2012 ho lasciato Lionhead (ora di proprietà di Microsoft), e mi sono trasferito a Kyoto a imparare il giapponese per due anni. Durante quel periodo ho conosciuto un giovane artista indonesiano chiamato Ferdi Trihadi, e abbiamo creato il nostro primo videogioco indipendente per smartphone e tablet. Ora sono tornato nel Regno Unito, dove sono game designer e programmatore unico per il nostro secondo titolo alla Futuretro.
In uno dei primi post sul blog di Futuretro hai dichiarato di volere fare qualcosa ‘tu stesso e per te stesso’. Pensi che il tuo primo gioco, Hungry Oni, ti abbia aiutato a raggiungere quello che volevi?
Da quando sedevo sulle ginocchia di mio padre digitando storie sul suo vecchio Intel 286, ho sempre amato vedere un’idea nella mia mente prendere vita su schermo. Quando ho cominciato a lavorare per i Lionhead Studios, sono diventato parte di un team di designer e sebbene avessi la mia parte di potere decisionale nella direzione da dare al gioco, posso dire che la mia proprietà intellettuale fosse limitata a un certo numero di aree specifiche.
L’espressione ‘game designer’ si rifersice a una disciplina molto vasta, ma in realtà non mi sono mai sentito pienamente degno di quel titolo finché non sono responsabile dell’intera direzione del gioco. Sono un maniaco del controllo che – magari sbagliando – immagina che i migliori progetti creativi sono nati dalla visione e dalla direzione di un singolo individuo, la cui responsabilità principale è quella di guidare e aiutare gli altri a portare in vita i loro concetti. Ovviamente chiunque dovrebbe avere stimoli e un luogo dove condividere le proprie idee, ma alla fine c’e’ bisogno di qualcuno che sappia prendere decisioni difficili e tenere le fila di tutto.
Cosa intendi?
Rabbrividisco quando penso al tempo sprecato in riunioni inutili dove ognuno cerca di giustificare il proprio lavoro esprimendo opinioni senza essere informati, rallentando il processo e in generale uccidendo l’entusiasmo di tutti.
Mentre ero a Lionhead mi sono preso la briga di imparare a programmare, e durante quel periodo ho lavorato ad una serie di progetti personali con altri colleghi al di fuori degli orari lavorativi. Ovviamente, trovare del tempo libero per creare un videogioco quando lavori nei weekend e di notte è decisamente difficile, e i tuoi progetti finisco vittima della preoccupazione di non riuscire a dare il 100% al lavoro.
Quando finalmente me ne sono andato e ho trovato del tempo per me, mi sono sentito un ragazzino di nuovo, sono tornato nel mio elemento naturale facendo errori, imparando da essi, e amando ogni passo che compievo durante il percorso. Hungry Oni non ha solo soddisfatto quel desiderio, ma mi ha danneggiato irreparabilmente, fino al punto da non essere più in grado di lavorare per qualcun altro!
Riguardo Hungry Oni, com’è andata?
Hungry Oni è nato molto semplicemente come risposta ad un impulso creativo che non ero in grado di soddisfare alla scuola di giapponese. Il nostro obbiettivo era niente di più di creare qualcosa di cui eravamo felici di mostrare al mondo, e francamente penso dovrebbe essere il motivo primario per qualsiasi impresa creativa. L’applicazione è stata distribuita gratuitamente e ho aggiunto gli acquisti in-app solo per imparare come fare.
Dal punto di vista finanziario, abbiamo coperto i nostri costi, ma durante il processo siamo stati pubblicizzati da Apple e Google, abbiamo attirato l’attenzione di Sony, e oltre 250mila persone hanno giocato al non videogioco. Ma molto più importante di quello, la pura gioia di creare e l’impagabile esperienza che ho acquisito durante il processo sono le ragioni per cui mi sento di dire, a parer mio, che il videogioco è andato estremamente bene!
Hai lavorato ai Lionhead Studios per 8 anni. Che abilità hai imparato da quell’esperienza e che stai tutt’ora utilizzando nella tua start-up? (sia da un punto di vista di programmazione che di business?
Questa è una domanda difficile. Fare parte di un grande team a Lionhead, ed essere poi responsabile di qualsiasi cosa a Futuretro è stato un salto gigantesco. Posso decisamente affermare che ho imparato di più in un anno come sviluppatore indie che non in tutti gli anni come uno sviluppatore AAA.
Un punto essenziale che ho portato come è stata la comprensione dello sviluppo di videogiochi come processo organico, probabilmente più di ogni altro media. Puoi passare mesi a scrivere pacchi di documentazione relativa al design e bibbie sullo stile, ma alla fine, appena entri nella fase di implementazione, problematiche inaspettate e nuove idee si presenteranno in misura eguale. Ammenoché tu non sia pronto a reagire, finirai per avere un videogioco molto al di sotto delle sue vere potenzialità.
La flessibilità è il fattore più importante nello sviluppo di videogiochi. Se al mattino mentre faccio una doccia ho un’idea, faccio un backup dell’intero codice scritto per poi sperimentare senza fine quell’idea. Ho cancellato più di metà codice che ho scritto, e significativamente, ho centinaia backups ma alla fine non sono mai tornato indietro neanche una volta.
Durante la tua permanenza ai Lionhead Studios hai lavorato su titoli come Fable, videogiochi destinati alle console. Ci sono ragioni specifiche per le quali ti sei spostato da videogiochi per console a quelli per dispositivi mobili?
Semplicità. Volevo semplicemente creare qualcosa. Così ho scelto il percorso che mi avrebbe causato meno ostali per raggiungere il mio obbiettivo. Sviluppare per dispositivi mobili ha un diversi punti forti e punti deboli, ma la capacità di condividere il tuo gioco al momento con chiunque abbia uno smartphone, sia durante lo sviluppo che che dopo il rilascio, è decisamente potente. Detto ciò, possiedo praticamente tutte le console sin dall’era degli 8-bit e se avessi l’occasione di portare il mio lavoro su specifiche piattaforme di gioco, non esiterei per un secondo.
Oggigiorno i consumatori non sono più facilmente targhetizzabili: ci sono diverse culture, lingue, nazioni e in generale diverse barriere che il venditore dovrebbe considerare. Quando sviluppi i tuoi videogiochi, hai preoccupazioni relative a chi giocherà con essi? Durante il processo di sviluppo, può accadere che realizzi che un videogioco è destinato ad un mercato specifico?
Ci sono molte strade che si possono seguire, io personalmente faccio videogiochi per me stesso. Il nucleo del videogioco dev’essere qualcosa a cui voglio giocare disperatamente. Durante lo sviluppo della programmazione del gioco, inavvertitamente creo delle barriere che sono il risultato delle mie supposizioni basate sulla mia esperienza di gioco.
Dopo di che, l’obbiettivo diventa quello di comunicare la gioia del gioco alle altre persone, rompendo così le barriere che avevo costruito, in modo tale da permettere a tutti di divertirsi senza dover sentirsi demoralizzati da una ripida curva di apprendimento o da un’interfaccia utente troppo complicata.
Relativamente alla domanda precedente, probabilmente più importante per uno sviluppatore è la piattaforma di sviluppo che sceglie. Hungry Oni è stato sviluppato per iOS e Android. Perché hai scelto queste due piattaforme, e lasciato indietro Microsoft per esempio?
Il software che ho usato per Hungry Oni mi ha permesso di sviluppare solo su quelle due piattaforme in quel momento. Ovviamente lo scopo è quello di permettere a quante più persone possibili di giocare, e man mano che verranno alla luce nuove piattaforme abbordabili in termini di tempo e costi, farò in modo di raggiungere quelle piattaforme. A rischio di fare una promessa provvisoria, spero che il mio prossimo gioco farà il suo debutto sulla piattaforma di Microsoft, ad un certo punto…
Il crowdfunding al giorno d’oggi è piuttosto popolare, accessibile, e largamente utilizzato per aprire start-up, far partire progetti e idee. Ultimamente anche le industrie di videogame e film hanno adottato questo metodo per finanziare i propri progetti. Cosa ne pensi? Lo utilizzeresti?
Conosco un sacco di sviluppatori che hanno lanciato campagne di crowdfunding: alcune sono state un successo, altre no. Penso sia un nuovo fantastico mezzo su cui gli sviluppatori possono puntare, dal momento che unisce fan e creatore, e realizza progetti che altrimenti non avrebbero mai visto la luce del giorno.
Comunque, da esterno, penso che un problema sia il fatto che gente inesperta prometta il mondo pensando che il proprio entusiasmo sia sufficiente. La verità è che le idee sono a costo zero, e iniziare qualcosa è semplice. Ma completare un progetto creativo, soprattutto un videogioco, è una vera battaglia, e ci vogliono non solo tempo e passione, ma anche una determinazione ostinata che quasi sfocia in ossessione, sporcarsi le mani e rimanere sempre fiduciosi. Guardo a un sacco di campagne crowdfunding e, nonostante l’ovvio entusiasmo dei creatori, riesco a vedere la loro mancanza di realismo che potrebbe compromettere tutto il progetto.
Vi posso dare un esempio che ho preso da un altro sviluppatore recentemente. Quando hai una campagna di successo, tu fai una promessa nelle menti di chi ti ha finanziato. Loro hanno un’immagine del gioco che tu stai creando nelle loro teste, basandosi su come loro hanno interpretato la tua campagna. Come ho detto prima, lo sviluppo è un processo organico, e molto spesso finisci per modificare il tuo percorso originario. Questo può causare parecchia frizione tra finanziatori e sviluppatori, dal momento che il gioco nella loro mente e quello realizzato cambia sempre di più. Ciò detto, finanzierei volentieri qualcuno se fossi convinto del progetto.
Qual è il future per I Futuretro Studios? C’è qualcosa che bolle in pentola attualmente di cui puoi renderci parte? Dove vedi la tua azienda da qui a dieci anni?
Ahah, wow, dieci anni… Spero solo di essere ancora vivo, da qui a dieci anni! A essere sincero ho iniziato a lavorare a un nuovo progetto nel gennaio 2013. Da allora è diventato la mia vita, e ci sto scommettendo sopra tutto quello che ho. Mi piacerebbe potere condividere di più con voi, ma per ora lasciami solo dire che nonostante sia nato da un’idea che ho avuto anni fa, è un enorme salto nel vuoto lontano da tutto quello che ho fatto finora. Da un punto di vista delle ambizioni, è un salto esponenziale rispetto a Hungry Oni. Lo pubblicheremo l’anno prossimo, quindi restate sintonizzati!
Ultima domanda: siamo passati dai giochi da tavolo ai giochi per console, e ora il boom è nei videogiochi per mobile. Quale sarà secondo te il prossimo passo nell’industria dei videogiochi?
Non dimenticarti i miei amati giochi arcade! Ma sì, amo questa domanda, penso sia stato uno dei punti più di attualità per lungo tempo, e ora questa nuova generazione di console ci può dire molto. Penso che in futuro vedremo la fine delle console come le conosciamo. Penso che i videogiochi saranno disponibili tramite streaming, coi nostri input inviati ai server e le immagini inviate sui nostri schermi. Costruire potenti hardware da vendere ad ogni singolo giocatore sembra un qualcosa di costoso e “fuori moda” ormai.
Personalmente mi sto un po’ disinnamorando delle console dai grandi nomi, dal momento che la grafica non mi fa più impazzire come invece faceva quando ero piccolo. Non so dirti cosa ci sia di sbagliato nella mia PS3 o Xbox 360, e abbiamo anche visto gli stessi giochi rilasciati su diverse generazioni di console con pochissimi miglioramenti grafici. Forse sto diventando vecchio, ma passo più tempo giocando a vecchi classici che con gli ultimi titoli da film da sagra delle esplosioni.
Tornando seri però, la mia reale previsione sul future dei videogiochi non è cambiata in vent’anni. Nel momento in cui potremo soddisfare i nostri bisogni sessuali in un ambiente virtuale, sarà il segnale non solo per la fine dell’industria dei videogiochi, ma probabilmente la fine dell’umanità come la conosciamo. Teniamoci stretti Mario finché possiamo!