Revenant è un libro che mi è capitato tra le mani quasi per caso.
Una mattina dello scorso luglio mi sono svegliato con una notifica dal canale YouTube della 20th Century Fox, che mi informava del lancio del trailer di un nuovo film: The Revenant, appunto. Iñárritu alla regia e la coppia DiCaprio-Hardy protagonista? Un paio di visualizzazioni più tardi ero già completamente rapito dalle atmosfere e dal ritmo quasi tribale della pellicola. Sapevo che il film era tratto da una storia vera, ma ancora non avevo idea che tra la storia e il film ci fosse di mezzo anche un adattamento letterario. La scoperta è avvenuta lo scorso ottobre, mentre mi trovavo in una libreria alla ricerca di un regalo per un’amica.
La copertina è stata la prima cosa a colpirmi, grazie al suo effetto “pioggia finta” estremamente delicato. Potete vederla direttamente nell’immagine di copertina, quella italiana è invece molto più western. Fatto sta che sono stato costretto a prendere in mano il libro per esaminarlo. Da lì la folgorazione: “Ah, ma certo, il film con DiCaprio!” Poche ore dopo iniziava la lettura.
Quando una settimana dopo ho voltato l’ultima pagina del racconto, prima di posare il libro sul comodino, una domanda mi è sorta spontanea: sarà meglio il libro o il film? Lo so, non è una domanda intellettualmente onesta visto che si tratta di due forme d’arte molto diverse, eppure è sorta spontaneamente. Revenent è una storia evocativa e selvaggia, che pochi altri registi come il messicano avrebbero le carte in regola per santificare.

Michael Punke è uno scrittore valido. Ha quella parlantina di chi il mondo lo ha girato e ha la destrezza di chi ha avuto una vita di frontiera. Sa come muoversi in certe situazioni, ed è una cosa che traspare dal libro. Da questo punto di vista, Punke era l’autore perfetto per Revenant: la sua carriera da diplomatico gli ha dato una visione del mondo precisa, e in fondo che cosa è la politica se non uno scontro violento e selvaggio tra due campioni dalle ideologie diverse? Solo un diplomatico poteva trovare le parole giuste per raccontarci la storia di Hugh Grass, disilluso cacciatore di frontiera con una vita spezzata alle spalle, costretto a percorrere una strada di vendetta contro chi lo ha tradito.
Il libro inizia con Glass in fin di vita, mentre nelle pagine successive si consuma il tradimento a opera del compagno John Fitzgerald. Un tradimento beffardo, perché viene lasciato morire da un altro essere umano dopo essere sopravvissuto al brutale attacco da parte di un orso. Sia l’orso che Fitzgerald cercano di porre fine alla vita di Glass, entrambi mossi da un istinto e da uno spirito di sopravvivenza che non si possono spiegare razionalmente. Da quel momento la storia diventa un avanti e indietro nel tempo e nello spazio, un vero e proprio viaggio che ci porta a conoscere meglio i due protagonisti e che soprattutto ci accompagna a ritroso a capire come e perché si sia arrivati in quella situazione.
La caratterizzazione dei personaggi è impeccabile. Non tutti avrebbero reagito come Glass di fronte a un tale atto di vigliaccheria: c’è chi avrebbe scelto di fermarsi in un avamposto sicuro, c’è chi sarebbe andato avanti con la propria vita, e chi ancora avrebbe deciso di abbandonare le montagne. Il tradimento subito da Glass arriva ad inasprire ulteriormente il fardello di un uomo che già in passato era stato piegato dal fato, tenuto lontano da casa e poi ferito dal e nel lutto.

Quando Fitzgerald tradisce Glass allora si innesca nel cacciatore una furia che non può più essere repressa: nel momento più disperato della propria vita, Glass vuole regolare i conti non tanto con Fitzgerald quanto con il destino stesso. In tutto questo Fitzgerald è un canalizzatore, oltre che un bersaglio vero e proprio. Glass sarebbe esploso comunque prima o poi, era solo questione di tempo prima che succedesse, ed è questo il motivo per cui a fine lettura il personaggio mi era rimasto così impresso.
Glass non è “buono” e non è “cattivo”, ma solo uomo. In un momento storico in cui gli Stati Uniti stavano affrontando un enorme cambiamento, una rivoluzione silenziosa che avrebbe cambiato l’economia e la fisionomia del Paese per sempre, la nostra lente di ingrandimento si focalizza su un paziente zero la cui vita è stata messa sottosopra fin dall’infanzia e che di fortuna ne ha sempre vista molto poca. Glass si sveste dei propri abiti civili e si trasforma in animale, e sono proprio i suoi istinti a spingerlo al confine tra la vita e la morte in una serie di azzardi in cui a volte è il caso a giocare un ruolo decisivo.
Revenant si legge tutto d’un fiato, perché la corsa contro il tempo di Glass è un bisogno animalesco che affascina e cattura. Si consumerà la vendetta su Fitzgerald oppure tutto sarà stato vano? Il finale del libro è stato forse l’aspetto del libro che meno mi ha soddisfatto e non vedo l’ora di scoprire se il film si sarà preso qualche libertà oppure no.